Approda alla storica Libreria Leoniana nei pressi del Vaticano, in occasione dei 450 anni dalla morte dell'artista-genio Michelangelo Buonarroti (avvenuta a Roma nel 1564), la mostra personale Michelangelo: "I Prigioni" di Francesco Guadagnuolo. Com'è noto, proprio in Vaticano il Buonarroti ha realizzato i grandiosi affreschi della Cappella Sistina, massimo capolavoro pittorico di tutti i tempi.
"I Prigioni" di Michelangelo sono tra le più sublimi rivelazioni della catartica potenza dell'arte: la loro attualità, di fronte alle sofferenze in cui continua a versare la stragrande maggioranza dell'umanità intera, è impressionante. A tal proposito basta osservare, tra "I Prigioni", Atlante, con la sua "testa in potenza" ancora tutta racchiusa nel blocco informe marmoreo. Sono i segni-cicatrice lasciati dallo scalpello ad esaltare al massimo la tragica tensione corporale.
Il ciclo michelangiolesco de "I Prigioni" è stato sintonizzato da Guadagnuolo con "l'attualità dell'oggi", come scrive il poeta Paolo Guzzi: «è quanto mai sentito da chiunque viva in questo nostro mondo di sofferenza senza uscita, e Guadagnuolo l'ha reso bene, aderendo alla tensione michelangiolesca con il suo segno e la sua tensione interiore».
L'artista, con il serpentinato guizzo del suo segno germinato dall'immanenza dell'hic et nunc, incide, scarnifica la morfologia corporea rilevandone la più intima essenza, vale a dire quello stesso martirio vitale di chi è alla ricerca di una risposta ai valori fondanti e non mercificabili dell'essere.
Si può sostenere come le opere realizzate da Guadagnuolo (non solo in quest'occasione) abbiano, in ultima analisi, un carattere prettamente simbolico con una valenza filosofica di natura esistenziale, scaturite come sono, direttamente, dai "tormenti" della vita.
Basti osservare la Tavola "Il prigione morente" in cui la "sfinitezza/finitezza" umana, viene ripercorsa con una fluente pennellata che, come vitale acqua sorgiva, tenta di percorrere taumaturgicamente il corpo abbandonato. Allo stesso modo, nelle altre opere "Prigione Ribelle" "Prigione Atlante", "Prigione Giovane", "Prigione Barbuto" o "Prigione che si ridesta", la linea fluida pervade il tutto, amalgamando i contrasti tra potenza ed energia raccordate e fuse da una gestualità iperveloce.
Con questo ideale incontro artistico con il grande genio del Rinascimento, Francesco Guadagnuolo ha inteso sottolineare, in estrema sintesi, l'aspetto dialogante esistente tra forma compiuta e informe: nel loro continuo, quanto imprevedibile e caotico divenire.
Antonio Gasbarrini
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