QUEL “TRIFOGLIO”… TUTTO DA VEDERE!
Sono in preparazione i festeggiamenti del St. Patrick’s Day (il giorno di San Patrizio).
Ma cosa c’entra qui a Nardò una delle tradizioni più antiche, appartenente alla cultura nord europea? Se lo chiedono in molti.
Ebbene, se c’è un posto dove, proprio la presenza evangelizzante del vescovo irlandese, può essere considerata, beh, quello è proprio Nardò. Il motivo? Occorre leggere fino in fondo e scopriremo tante novità.
Si tratta del secondo altare a sinistra, dall’ingresso della nostra antica cattedrale. Si trova tra l’altare del battistero e quello del famoso Crocefisso “Nero”.
L’indagine critica, condotta dal Paolo Marzano, ha portato alla luce nuovi significati e precise reinterpretazioni che coinvolgono gli attributi dell’intero progetto.
Quando, in effetti, gli oggetti vengono studiati, secondo filtri e dispositivi critici diversificati, perlopiù inseriti in pratiche conoscitive multidisciplinari, magari legati alla teoria dell’architettura unita alla storia dell’arte, con la conoscenza dell’uso e del riuso che di essi si è fatto nelle arti applicate, si arriva a conclusioni, a volte utili a ‘rinominare’ le opere stesse.
Infatti, dice lo studioso: “Ritengo che non sia adeguato chiamare genericamente quell’altare ‘del Purgatorio’ o delle anime purganti’, infatti bisognerebbe aggiungere una prima figura essenziale per svelare il ‘racconto figurato’ che pure esiste sulla cimasa dell’opera stessa;
San Patrizio”.
Secondo lo studioso infatti l’altare è un compendio di tecnica scenografica importante, un’integrazione delle arti, combinate e riferite alle tecnologie compositive degli apparati delle architetture effimere, fino all’apporto emozionale generato dall’ideazione delle ‘macchine della meraviglia’.
“Costituisce in nuce - continua Marzano - il grado di cultura devozionale e, in questo caso, caritatevole - assistenziale dell’epoca in cui è stato costruito. L’altare è attribuito a Placido Buffelli ed è del 1668 (data della commissione).
Della statua del santo irlandese ne conoscevamo la presenza dallo studio approfondito del 2007 di Francesco Danieli (Gaballo M., Danieli F., Il mistero dei segni. Elementi di iconografia sacra nella Cattedrale di Nardò tra Medioevo ed età barocca, Mario Congedo Editore, collana Quaderni degli Archivi Diocesani di Nardò e Gallipoli, in particolare pag. 107), ma la si è sempre posta ‘a margine’ del dipinto del De Matteis del 1698 o forse perchè non è illuminato bene o perché le descrizioni analizzavano la sua ‘vicinanza’, come attributo, dell’argomento inerente prettamente alla simbologia del Purgatorio.
Sappiamo pure che, dalla scritta omogeneamente scalfita e abrasa, rintracciabile alla base della statua, alcuni lo interpretano come San Delfino, vescovo francese, ma l’ipotesi non regge, (forse una statua di recupero) in quanto gli angeli accanto, poi espongono particolari della vita del santo irlandese e il braccio destro di San Patrizio, che di certo non intercede, come viene erroneamente sostenuto, invece doveva avere ben stretto in pugno, un pastorale quasi orizzontale e quindi aggettante, nel gesto di tracciare quel famoso leggendario pozzo ispirato da Dio come insegnamento e metodo di espiazione.
Ed è proprio qui che si innesca l’equivoco. Paolo Marzano, anche stavolta, cerca di spiegare quella storia che sfugge, e ne da un’interpretazione più chiara e diretta, proprio, dopo uno studio, non solo, delle relazioni, delle simbologie e degli attributi (oggetti e simboli mancanti o ancora non bene interpretati), ma anche dell’impianto scultoreo principale.
Nella cimasa Marzano scopre e rivela nuove simbologie, spiegando i dettagli che differenziano questa ‘macchina’ da quella presunta, di cui la ‘cimasa’ è l’elemento per tradurre quell’eloquenza e quel fervore devozionale genialmente scolpito qui a Nardò.
Infatti lo studioso individua la grande (eloquente) foglia di “trifoglio” alla cintola dell’angelo a sinistra di San Patrizio, che appare intero, mentre alla cintola di quello a destra, appare già diviso in tre.
Il ‘trifoglio’ è il simbolo irlandese ed è il particolare che certifica assolutamente la presenza del santo irlandese. Infatti una delle particolarità della predicazione di San Patrizio, era quella di prendere una foglia e, dividendola in tre, spiegava il complesso concetto della S.S. Trinità.
“In questa incredibile quinta che si innalza come un muro finemente cesellato - dice Paolo Marzano – si individuano dunque dei livelli (come se fosse una grande sezione stratigrafica del sottosuolo; il Purgatorio) leggibili in direzione ascensionale e ‘moralizzanti’, secondo cicli di pene da espiare, sofferenze espresse
pregevolmente in forma ‘patetica’, con la presenza di episodi biblici, allegorie (importanti perché testimoniano la cultura dei trattati del tempo) e dei diversi santi, come uniche figure capaci di intercedere per dare speranza, per poi elevare l’anima fino al Paradiso.
Per leggere queste opere così complesse e sofisticate occorre come non mai - dice lo studioso - comprendere l’importanza dell’ occhio alato albertiano, quello della curiosità, che continua a sorvolare ‘la meraviglia’, sussurrandola poi alla conoscenza”.
Quindi, qui a Nardò, San Patrizio c’è.
Anzi sarebbe auspicabile con tutta calma e moderazione, prima dei festeggiamenti, che le allegre compagnie, si recassero con dignitoso rispetto, a vedere e ad osservare il famoso vescovo irlandese.
Soprattutto, in quale spettacolare gioiello scultoreo, siamo riusciti, noi neritini, a farlo incastonare.
Quindi dimostriamoci sempre più orgogliosi del nostro patrimonio artistico così esteso per cultura e perfezione artigianale. E, una raccomandazione a non esagerare, canti, balli, musica e festa, ma ricordiamo che c’è sempre San Patrizio che osserva, a qualche isolato, più in là.
Foto: per gentile concessione di Fausto Laneve
Per una maggiore descrizione e discussione sui particolari vedere anche:
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