WhO'S THAT MAN?
13 settembre 2012
Project Space Askosarte
VV.AA
Nella relatività del sapere nessuno può credere di possedere la verità certa e quindi tutti siamo portatori di conoscenze opinabili.
(Sofisti)
Posso avere un'opinione?
(Askosarte)
Quando nel gennaio 1898, sull'Aurore fu pubblicata la lettera aperta dello scrittore Emile Zola contro lo scandaloso processo a Dreyfus, in nome dei valori superiori di giustizia e verità, numerosi furono gli accademici, ma anche gli architetti, avvocati, medici, artisti, scrittori e musicisti, che fecero sentire la loro voce, scrivendo le famose protestations (pubblicate sul quotidiano per 15 giorni di fila), manifestando l'avvento di una nuova, potente forza, nata dal senso di responsabilità di un comprendere superiore, a sostegno di un'idea con-divisa, da difendere oltre la partigianeria e l'interesse personale.
Questi uomini furono definiti, per la prima volta da Gorge Clemanceau, con l'appellativo di "intellettuali": aspettativa e speranza erano che con l'impegno di questi uomini si delineasse una forza indipendente dagli schieramenti consolidati, neutra e al servizio dell'intera società.
Le cose, non sempre sono andate in questo modo, e intellettuali al servizio di regimi, o prostituiti avidi solo di fama e di denaro, sono esistiti ed esistono.
Non si può negare tuttavia, che tra l'intellettuale narciso, scollegato dalla realtà sociale, impegnato unicamente a fare bella mostra di sé, e il sempre presente intellettuale organico, piegato a ideologie costrittive e manipolatrici, co-esista, a fatica ma in maniera inconfutabile, l'intellettuale protagonista del suo pensiero, animale sempre più raro che non accetta limiti alla sua libertà di pensatore, e che rivendica la perfetta autonomia delle sue opinioni da qualsiasi dogma o dottrina chiusa.
Ma questi individui, che si chiamano anche artisti (o così dovrebbero chiamarsi in virtù del loro essere capaci di partecipare e influenzare il clima e il modo di sentire comune), riluttanti, per definizione, al moralismo e a qualsiasi forma di censura, liberi di raccontare con la propria arte, il contemporaneo fatto di bene e di male, di trasformazioni politiche, etiche e sociali, di conflitti ed emozioni, esistono ancora?
E qual potrebbe essere il loro senso, in un tempo in cui si definisce "artista" chiunque, compresi tronisti, attori pornografici e veline?
Lungi dal voler fare del moralismo, nel pieno rispetto di qualsiasi scelta umana o artistica e coscienti che tra avere un'opinione e fornire una verità assolutamente valida ci sia una bella differenza,
l'unica cosa certa è che forse (e magari in buona fede), molti individui si sono calati nel ruolo di "artista" con troppa convinzione e pochi dubbi, ponendosi un gradino sopra gli altri.
L'arte, invece, dovrebbe metterci un gradino più in basso, non più in alto.
Dall'alto infatti, si vede sfocato, mentre per poter percepire il mondo e continuare a parlarne come artisti, occorre essere nel mondo, e spesso con tormento.
Da bambini abbiamo imparato a considerare l'artista come colui che più di tutti merita onori e successo e questo sarà vero fino a quando, a questo MAN, onori e successo saranno indifferenti.
Chiara Schirru
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